16. Cirene: la fondazione

La storia della fondazione di Cirene come colonia di immigranti Greci provenienti dall'isola di Thera (Santorini) è giunta fino a noi in una mescolanza di leggenda e tradizione storica. La data tradizionalmente assegnata a questo evento è il 631 a.C. e può essere considerata approssimativamente corretta.


Secondo la narrazione degli autori antichi verso la metà del VII secolo a.C. l'isola di Thera fu colpita da una crisi di sovrappopolamento e da sette terribili anni di siccità. La situazione era drammatica e si ritenne di risolverla con un'emigrazione forzata della popolazione. Prima di prendere una decisione così drastica tuttavia i leader della comunità consultarono l'oracolo di Apollo a Delfi, il cui responso fu di fondare una colonia in Libia. 

In questo modo si cominciò ad organizzare una spedizione che fu affidata ad un certo Aristotele, che successivamente fu chiamato Batto e divenne il primo re di Cirene. Furono circa 200 i giovani scelti per accompagnare Batto in questa impresa che salparono da Thera verso Creta, dove trovarono la guida che li avrebbe accompagnati sulle coste dell'Africa. Giunti sulla costa libica i Terei si insediarono dapprima su un'isoletta chiamata Platea, nel golfo di Bomba, all'estremità orientale del fertile altopiano cirenaico.

Secondo la leggenda era stato Batto stesso ad interrogare l'oracolo di Delfi prima della partenza, ma per cercare un rimedio alla sua balbuzie. L'oracolo di Delfi avrebbe allora risposto: "Batto, tu sei venuto per una voce, ma Apollo ti manderà a fondare una città in Libia che darà buon nutrimento alle pecore". La predizione, che lasciò Batto alquanto perplesso,  voleva dimostrare quanto sia irrilevante ciò che si coglie a prima vista, infatti, quando Batto arrivò in Libia, per prima cosa incontrò un leone e ne fu talmente spaventato che da quella volta parlò in modo chiaro e piano, senza più balbettare.

Il primo insediamento nell'isola di Platea non fu un successo. L'isola era piccola e le riserve d'acqua sulla terraferma scarse. Dopo due anni trascorsi sull'isola i Terei, assai indispettiti, decisero di consultare ancora una volta l'oracolo di Apollo, cui esposero la loro protesta per la deplorevole situazione in cui si trovavano e perché la loro condizione non era affatto migliorata da quando avevano lasciato Thera. Il responso dell'oracolo suonò abbastanza sarcastico, egli infatti rispose "se tu conoscessi la terra di Libia, che dà buon nutrimento alle pecore, meglio di me (sebbene io sia stato là e tu no), allora ammirerei molto la tua saggezza".

Convinti da questo responso che in realtà non avevano ancora trovato la terra di Libia, i Greci tornati in Africa abbandonarono Platea e si trasferirono in un posto più favorevole chiamato Aziris, situato sulla terraferma fra Bomba e Derna (alla foce dell'attuale Wadi Khalij). Qui essi rimasero per altri sei anni, nel corso dei quali constatarono che siti migliori si trovavano più a ovest sul grande altipiano. 


I Libi allora offrirono ai Greci in via amichevole una guida che li conducesse in un sito dove essi avrebbero potuto stanziarsi in modo definitivo. Le guide libiche in realtà temevano che i Greci durante la marcia alla ricerca di un luogo favorevole all'insediamento potessero scoprire la ricca e splendida Irasa (forse la stessa Derna o Ain Mara) e organizzarono la marcia di notte. Quando l'alba sopraggiunse, i Greci erano già giunti sul sito della futura Cirene. Le guide allora dissero loro: "Uomini greci, qui vi conviene abitare, ché qui il cielo è forato". I Libi parlarono poi delle abbondanti piogge che cadevano nell'area e dissero che loro erano pochi e il territorio immenso. Forse essi trovavano il clima dell'altipiano troppo rigido per il loro sangue africano, ma i Greci furono catturati dal paesaggio, non dissimile da quello della loro madrepatria e meno siccitoso. Il suolo pareva ben coltivabile e vi erano ampi pascoli, ma la cosa di gran lunga più importante era che i Libi erano amichevoli e ben disposti, al punto da offrire le loro donne a quegli stranieri che erano giunti in Libia.


(Sabrina Mignani)

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