Vieni in Ispezione con noi: CILICIA e CAPPADOCIA


Ogni ispezione è un viaggio. I protagonisti sono le tappe e i luoghi dei nostri itinerari. Questo diario racconta l'esperienza di una ispezione condotta dagli occhi attenti e lo spirito di osservazione di Stefano Cammelli in Cilicia e Cappadocia: vieni con noi?


monte Erciyes

Il monte Erciyes, ai suoi piedi Kayseri. 



Giorno 1. La partenza 7 e 8 giugno.


Un volo tranquillo e rapido  quello che ci porta a Istanbul (meno di due ore). L'aeroporto di transito è modernissimo e enorme con chilometri e chilometri da percorrere; ma dopo tutto amichevole. Arrivo a Kayseri nel tardo pomeriggio e mi accorgo che si trova alle pendici del monte Erciyes, una montagna innevata alta 3965 mt. Lo guardo è bellissimo, e tutta la pianura che lo circonda è ancora verde. L'albergo è in linea con quello che ricordo: pulito, lineare: a tratti essenziale ma funzionale e nessuno pare parlare inglese. 

Domani voglio partire alle 8.30. Direzione Gümüsler. nei dintorni di Niğde. La pianura è ancora ben irrigata. Le nevi della montagna sono abbondanti a metà giugno. Credo che arrivino fino alla prossima nevicata. Il paesaggio è periferico rispetto alla Cappadocia. 


La pianura

La strada da Kayseri.

Alle 10.30 arrivo al Monastero di Gümüsler. È quello che resta di una città intera scavata nella roccia e adibita a stalla fino a quando non è stata riscoperta da un inglese negli anni Trenta. L’area è custodita e protetta. La chiesa interamente scavata nella roccia anche le cupole del transetto, presenta più di una parete completamente affrescata e per niente danneggiata. Bella e intensa… vale certamente la pena tutto questo viaggio a tratti laborioso per questa chiesa bizantina del 12 secolo. Senza esitazione mi dico di sì anche mentre riparto.  

Parete affrescata


 Monastero di Gümüsler .

Procedo poi verso la seconda tappa Niğde Turbesi. Belle proprio belle. Forse si pure piu belle di quelle di Kayseri per cui in effetti la visita si giustifica. 

 Niğde Turbesi.

Dopo una veloce pausa per rinfrescarmi le idee riparto verso Tarso. Ci arriverò per le 15.00 

Il museo di Tarso. Piccolino, forse poca cosa ma costruito molta cura e amore, un mosaico che ci si dura ma che si vede, un sarcofago degno di essere lodato, e un’esposizione di Tarso nella storia che è al tempo stesso ingenua e carina.

A Tarso non c’è altro. Per me non merita. Tuttavia è una curiosità che potrebbe intrigare la visita. Ispeziono, perlustro, cerco, trovo il pozzo di San Paolo; devo però dire che non mi emoziona. Riparto verso Adana, la giornata è iniziata presto.



Giorno 2.  Adana - Anabazos - Hieropolis - Castabala 9 giugno

Caldo, umido, afoso, caldo. L’aria non ha più la trasparenza della montagna. È tutto velato.


Ore 9.00 partenza. 

In direzione nord-est si attraversa una pianura ricchissima, alimentata dai corsi d’acqua che scendono dal Tauro e protetta dai venti del nord-est da una catena di monti che scendono a picco sulla pianura, un po’ come da noi in Friuli. Formazioni rocciose che si sono estese alla pianura sono spesso dominate da castelli la cui fotografia (aerea) è seducente, ma il cui approdo è spesso difficile, se non proibitivo. Tali sono i castelli di Anavarza, Yilankale, Toprakkale, Bodrumkale e chissà quanti altri.

È noto che la regione venne urbanizzata con decisione dopo la sconfitta dei pirati della Cilicia da parte di Pompeo. La domanda è cosa è rimasto? Sulla costa è nota Sebaste / Elaioussa (Ayaş), ma non vado è troppo lontana. Rimanderebbe a Silifke… ma sarebbe tutto un altro itinerario e non posso lasciarmi trasportare dalla mia curiosità, i tempi che ho sono troppo stretti.

Il trasferimento da Adana a Anavarza è lento e curioso.

Dopo un'ora scarsa di viaggio arrivo ad Anavarza. Il Castello è inaccessibile: con l’avvertimento dei locali che la salita è un serpaio. Da dove parte la salita si coglie la pianta di un teatro imponente appoggiato alla roccia.. 

 Anazarbos arco Romano

10,32 Anazarbos compare un arco romano restaurato con molta energia, e contemporaneamente una strada fiancheggiata da colonne che attraversava tutto il centro. Impressionante. La percorro fino in fondo, da metà percorso, quasi settecento metri in poi, mi trovo in modo evidente in una vasta e importante città che ha conosciuto tutte le epoche della regione fino a quella armena e bizantina. 

Si legge delle demolizioni dovute a terremoti (due) e conquiste. Zona di frontiera con il mondo islamico e poi brevemente capitale armena… ce n’è a sufficienza per capire l’importanza delle rovine. Ispeziono. Esploro, senza accorgermene passano due ore.

Riparto per Karatepe – Aslantas

Lo sanno anche gli asini che lunedì i musei sono chiusi, ma io ho provato lo stesso e è andata male, dovrò tornare.

Avvicinandosi ai monti dove si sviluppò la cultura (e l’impero) Neo-ittita, salendo in collina, il paesaggio cambia vertiginosamente diventando bello, italiano, quasi tra Chiusi e Volterra. Una meraviglia. Uno sbarramento ha raccolto le acque del fiume Ceyha. Prima che si formasse un lago gli archeologi sono intervenuti. Il museo all’aperto in cima alla collina espone tutto quello che hanno raccolto di Hittita nella cittadella di Keratepe. Naturalmente non ho veduto nulla, bisognerà decidere se tornare.

 Paesaggio verso Castabala

In albergo ho dato un’occhiata alla situazione. No, è proprio obbligatorio tornare.

Scendendo dalle colline di Keratepe vado praticamente a sbattere nel castello di Bodrumkale, mi fermo per fotografare e scopro la città di Hieropolis-Castabala.

Spettacolare il castello che domina la pianura, dolce il paesaggio. La città… si riconosce qualcosa: soprattutto un mausoleo apparentemente bizantino (potrebbe V-VI secolo) e un teatro assai più antico appoggiato splendidamente sulla fiancata della montagna dominata dal castello, le note dicono armeno.


castello di Bodrumkale

 Beh tutto questo mi sembra molto bello.


Giorno 3 Gaziantep 10 giugno  

Partenza alle 8 da Adana.

Si viaggia veloci e spediti su una autostrada nuovissima praticamente fino a Osmaniyeh. Immagino che tutto questo benessere stradale sia dovuto al terremoto del 2023 che ha costretto a rifare piste di atterraggio e strade.  per le 9.30 sono a KARAN TEPE.

Karan Tepe

Umido notevole. Il  Museo è aperto. Solo vedo un sentiero non breve e sterrato che conduce alla porta sud e uno alla porta nord. Prendo quello in salita in cima al quale -dopo pochi minuti – scorgo la porta di ingresso della cittadella hittita con ortostati scolpiti grossolanamente. Ma di impatto…


Si tratta di una cittadella hittito/fenicia. Le stele sono in due lingue e le navi rappresentate sono probabilmente fenice. Tra gli ortostati più interessanti il re in lotta con due leoni, una madre che allatta, dei musici in processione, capridi in adorazione dell’albero della vita. 
Si scende verso la porta nord e qui le lastre sono più fini, abbondanti, ben lavorate. 

Karan Tepe

Sulla via del rientro mi chiama un amico archeologo per domani, che scava in questa zona, quel tanto di confuso che basta per capire che forse non lo vedrò. Mi parla del restauro fedele di Karan tepe e del sito di Castabala.
Riparto per Gaziantep. 
Traffico, camion, economia che gira a tutto volume.

Sosta tè e pane (piuttosto che schifezze) e riparto per Gaziantep dove arrivo intorno alle 13.30.
Il museo
Zeugma raccoglie i mosaici di una città scomparsa, Zeugma per l’appunto. Bellissimi.

Museo di Zeugma

Occorre essere esperti e io non lo sono. La qualità dei mosaici – quasi tutti del III secolo o successivi – impressiona per l’abilità dei chiaroscuri, le ombre, l’incarnato, la sensualità del corpo. Da questo punto di vista credo che sia impressionante la divinità seduta a busto scoperto – credo si tratti di Zeus – di fronte a un albero spoglio o che sta morendo.
Non ci sono parole per il capolavoro del museo, uno sguardo di ‘zingara’, così è presentata dalla direzione del museo che sembra avere ispirato fin quasi alla lettera la foto simbolo della guerra in Afghanistan. Il mosaico è un capolavoro ed è presentato in una stanza completamente buia, lui da solo. Spettacolare. 

Sguardo di Zingara


Arrivo in albergo per una pausa 
Gaziantep non c’è dubbio, è la gemella di Aleppo da cui dista solo 80 km. Quando scrissi il libro sulla Siria nessun abitante di Aleppo ne rivendicava il possesso (contrariamente ad Antiochia, giudicata rubata dai turchi alla Siria). 

Gaziantep

Tutto in questa città ricorda Aleppo: lo stesso ambiente, la stessa arte mamelucca e ottomana, le stesse aree commerciali della fine dell’Ottocento diventate favolosi (sebbene poveri) suq. 

Ma qui, invece della guerra, si è abbattuto lo spaventoso terremoto di soli due anni fa con migliaia e migliaia di morti e un numero indefinito di edifici crollati e ora transennati in attesa di essere ricostruiti o consolidati. Mi sembra di essere in Siria, ad Aleppo. Ripenso agli anni in cui ho scritto il libro e sono contento. Ma la città è a pezzi e lo sarà per molti decenni, io temo.


Gaziantep



Giorno 4  11, mercoledì: Sanliurfa

8,00 Partenza per Karkemish. Strada vuota e velocissima. Città intorno a me fatiscenti o costruite male. 

Mi sembra quasi stia diventando una vecchia storia:  i turchi sanno costruire delle città? Le sanno costruire belle? Se ne conosce una costruita dai turchi che sia curata?
Il discorso si ribalta in strada. 

La vecchia cultura del caravanserraglio e della carovana che non tradisce. Strade perfette, indicazioni date con intelligenza (problema più complesso di quanto non si creda, a chi ha pensato alle indicazioni per la stazione alta velocità di Bologna…), benzinai frequenti e spaziosi. Ora … uno dice… ma Cammelli sclera! Eh no, non c’entra proprio nulla.  Insomma per me i turchi sono solo e sempre in viaggio. Quando si fermano e costruiscono… sono dolori….ma passiamo alla mia ispezione!


9:30 Karkemish sull’Eufrate Mi attende Niccolo’ Marchetti (ordinario a Bologna) uno stuolo di archeologi segue i lavori di scavo in diverse postazioni / pozzi. Ognuno mi parla del suo. Arianna, mia nipote che mi accompagna segue senza disturbare ( commenterà ‘che lavoro duro!!!). È uno scavo storico, nel senso che sono stati importanti gli archeologi che se ne sono occupati e anche che abbraccia quasi duemila anni di storia, forse più. Eufrate in vista e confine siriano a pochi metri. Caldo tremendo!  

Molto interessante.


11,30 Partenza per Urfa / Sanliurfa 

A una prima distesa a perdita d’occhio di piantagioni di pistacchi – oltre un’ora e solo pistacchi – segue una ventina di chilometri di deserto vero con timidi tentativi di piantare qualcosa. Imponente e bello il corso dell’Eufrate, non ancora indebolito dalle dighe che lo priveranno dell’acqua.


Arrivato a Urfa stesso discorso di Aleppo e Gazientep. Su una collina fortificata, la città scende verso i corsi d’acqua e la pianura inizialmente aggrappata al suo castello. Moschee mamelucche e ottomane. Ma qui, miracoloso, né terremoto né guerra. Mi sembra di essere a Damasco e Aleppo negli anni Ottanta. Nulla è strepitoso e tutto è estremamente seducente. Nonostante la stanchezza si cammina nel suq comprando qui e là e guardano cose da nulla ma vere: rubinetti, saponi, setacci, asciugamani, veli… e i ragazzi del te che corrono da un negozio all’altro… nulla di più. Ma tutto perfetto.




Grande Parco ottomano, ma novecentesco, i cui allargamenti includono il museo dei luoghi dei mosaici (zero) il museo dei mosaici e il museo archeologico. Il Museo dei mosaici è bello, ben fatto, con alcuni mosaici decisamente interessanti. Tuttavia nessuno mi è sembrato all’altezza di Zeugma. Il Museo Archeologico è ricco, ben fatto, con una sezione molto importante dedicata al neolitico che qui in provincia di Urfa ha momenti importantissimi. Sebbene stanchi non saltiamo nemmeno una sala. Bello sicuramente, probabilmente importante. 
Si ritorna passeggiando in albergo, in pieno suq, terrazzi e terrazzini. 



Giorno 5, 12 giugno, intorno a Sanliurfa




8:30 Partenza. Giornata debole, lo si sapeva dalla partenza.  Si tratterà di sfangare centinaia di km senza avere la speranza di qualcosa di super. Ovviamente non è così.

9.50 deviazione errata. Non c’è nulla da vedere ma il paesaggio è quasi siculo per durezza. Grano a perdita d’occhio e solo abbagliante. Per me è il paesaggio del mio inferno personale: luce abbagliante e 42 gradi all’ombra.


10,30 Harran Vale, più di quanto credessi. La cosa più bella resta la veduta dall’alto di questa città circolare che ha avuto grande fortuna fino a quando non venne del tutto cancellata dai mongoli nel XIII secolo. Restano le mura, le case degli abitanti della zona in gran parte ricostruite per assecondare il turismo locale, un bel castello dell’XI secolo molto in rovina.

Harran

La Moschea è stata completamente distrutta dai mongoli ma il restauratore è riuscito a fare notare che l’intera costruzione era del VII secolo, coeva della moschea degli Omayyadi di Damasco e della Cupola della Roccia di Gerusalemme. Ciò che è in pezzi a terra lo conferma. Il minareto (in realtà campanile bizantino) lo attesta. Insomma  c’è tanto e di bello da dire.


Harran

Poco prima di pranzo inizio il giro ostico sulla carta e feroce nella realtà. Paesaggio desertico, riarso, duro, ostile credo per tutti anche se per me è un vero inferno. Suayb Antik Sehri, mi ha incuriosito; Sumatar mi ha disperato con i bambini che chiedevano soldi.

Poi attraverso questo Parco della Disperazione denominato Tek Tek Daglari Milli Park. Roccia pelata e bianca, sole abbagliante, grotte dove poveri cristi hanno cercato di vivere. Nulla, nulla nulla per ore fino a

KARAHANTEPE non ci sono parole per la solitudine, il caldo, il confort di un piccolo ristoro in legno modernissimo appena aperto alla base del tell. Ma quello che si vede lascia attoniti. Le date: circa 10.000 anni prima di Cristo. Una molteplicità di case semi sotterranee (pithouse in inglese, maison-fosse in francese) che viene istintivo assegnare ai clan che in questo monte non solo celebrano se stessi, ma celebrano anche una sorta di unità politica e religiosa con una maison-fosse più grande delle altre dove svetta un uomo nudo a pene eretto con sulle spalle un leopardo. L’idea che in questa disperazione estrema … non ho parole. La cosa più simile al Kubrick di Odissea… spettacolare. Marchetti me lo aveva annunciato… secondo lui il motivo di tanta bellezza è che non hanno ancora predisposto nulla per proteggerlo. Sia come sia siamo sull’altamente spettacolare come spesso diciamo: da solo vale il viaggio.


Karahantepe 


16,40 Gobeklitepe Due ore di disperazione, auto in riserva, niente pranzo, finalmente raggiungo la periferia di Urfa e questo sito dalla fama planetaria. Bello, certo, come no. Con quella specie di enorme frittata sopra per proteggerlo dagli elementi. Bus per andare e tornare, tutto eco-friendly, UNESCO, ora è un monumento musealizzato: forse troppo.

Comunque della giornata questi due siti del 11.000 a.C. sono da vedere. 

Gobeklitepe

Stremato in albergo alle 17,30. Chiudo il diario ma c’è altro, come sappiamo.



Gobeklitepe


Giorno 6: 13 giugno Sanliurfa – Adiyaman

Ore 9.00: partenza per il Nemrud Dag. Il percorso da Sanliurfa non è mai segnalato, né bene né male e quando compaiono delle segnalazioni sono palesemente errate. Non credo che sia un caso. Sulle rampe finali del Nemrud ho incontrato i pullmini di una cooperativa di Adiyaman che riportava i poveri sventurati che avevano visto l’alba: erano pieni ed erano almeno 7 o otto. Rinnovata la considerazione che ci sono persone che amano essere "dove tutti si trovano" e che io non sono tra quelle, credo sia lecito il sospetto se dietro tutto quel caos di insegne che indicavano direzione diverse non ci sia in realtà una più prosaica difesa del posto di lavoro. Fatto sta che: io ero solo. Abbiamo visitato il Nemrud Dag in una giornata di sereno totale e in perfetta solitudine.

 

9,00  (Google, Organic- Maps, quello dell’auto) non riconoscono le strade, scelte sbagliate, almeno cinquanta chilometri percorsi su strada sterrata (colpa mia), più di un momento di ansia per l’evidente assurdità di tre navigatori che indicano una specie di superstrada e il non vederla perché non c’è o non c’è ancora. Ma il percorso è da rivista di fiori britannica… un incanto, roba da dire: “Fermiamoci qui e chi se ne frega del monte.” Villaggi di miseria totale ma di equilibrio contadino. La Toscana di quando ero bambino io, negli anni Cinquanta.

 


13,20 Nemrud Dag Un rifugio a quota 2000 dove vecchi ibernati che controllano gli ingressi. In macchina mi consentono di salire fino ai 150 metri finali. La pendenza non scherza. Le due terrazze attrezzate sono modeste a mio avviso, ma poi quando faccio il giro del tumulo e raggiungiamo la terrazza che guarda occidente… beh le cose cambiano. Veduta spettacolare sui monti che richiamano la Toscana meridionale verso il Viterbese. 

 


14,20 Si riparte la strada per Adiyaman è per almeno 100 chilometri curve, stretta, buche, eccetera, ma il paesaggio resta bellissimo.

 


16,30 Arrivo in hotel affaticato. Adiyaman è un cantiere, dopo il terremoto del 2023 non è rimasto più nulla che ricordi una città con un passato. Certo sono stati svelti a costruire: avranno mille problemi, non ne discuto, ma in strada e nelle facce delle persone incontrate (lobby dell’hotel inclusa) una soddisfazione manifestata con piacere. 

Parlare con la concièrge che nello stesso tempo tiene accesa una videochiamata con una amica…La voglia di uscire da un polveroso e faticoso passato, ricostruito non senza incongruenze e difficoltà. Ma dopotutto e prima di ogni cosa rimane insieme ai movimenti delle mani modello ‘ora la signora sono io’…La forza e il coraggio di ripartire. 

Hanno visto un terremoto tremendo che ha raso al suolo tutto. I morti di Adiyaman sono stati 8387 su una popolazione di circa 200.000 persone. La città è a larghissima maggioranza curda, solidale e gioviale.


Giorno 7 sabato 14 giugno: Adiyaman – Malatya – Kayseri

 

Doveva essere la giornata degli Hittiti, si è rivelata la giornata dei paesaggi. Certo duri, ostici, montagnardi ma comunque epici e che spiegano tanto di questo popolo che ha trovato alle porte d’Europa lo stesso mondo delle praterie mongole che aveva dovuto abbandonare intorno all’anno zero.

 


9,30 Partenza da Adiyaman. Più si cammina o guida e più ci si rende conto delle dimensioni della tragedia che hanno vissuto meno di due anni fa. Ci sono o cantieri o palazzine da manuale di architettura, quelle disegnate da nessuno, copiate in fretta e furia. Una città annientata dal terremoto che è rinata rapidamente da nulla, perdendo ogni sua caratteristica, e con gli abitanti quasi felici di trovarsi a vivere in una sorta di plastico / modellino esposto nelle vetrine delle agenzie immobiliari.

 


Poi si sale in montagna e fino alle 11,30 si guida in una strada impervia di rocce rosse, viola, verdi, ora aride ora incredibilmente ricche d’acqua. Se fossimo in USA ne avrebbero fatto un parco nazionale. Un attraversamento molto bello. A me ricorda la Majella e gli Abruzzi, ma suppongo che sembri molto più duro.

 


11.30 Aslantepe è il sito hittita che mi ha spinto qui, ma quello che si vede è parzialmente coperto. Mi si dice che verrà sgombrato a breve… sarà, ma a breve io non ci sarà comunque. Del museo non si parla nemmeno. È in rovina e non si pensa che riaprirà prima di diversi mesi. Sconsolati girelliamo per Malatya un poco e poi decido di partire per Kayseri: un poco intimorito dai 465 km complessivi – tutti di strada normale.

 


È una cavalcata prudente – tre soste, pause lunghe – molto faticosa ma bella, bella bellissima. Il paesaggio dell’altopiano verso Kayseri è tutto in fiore e ha il verde del grano appena spuntato. Se a Gaziantep e Sanliurfa era estate finita, qui è primavera avanzata. Tutto in fiore, tutto verde e tutto come dovrebbe sempre essere la campagna: niente capannoni, pochi tralicci, vedute ad ampio orizzonte completamente naturali. È stata una massacrata di grande soddisfazione ma – ovviamente – non è proponibile per un gruppo. Vediamo un po’ come rimediare alla assenza di Malatya che sembrerebbe essere grave e non rimediabile nel breve tempo.  


Giorno 8 domenica 15 giugno: Kayseri




9,00 Partenza per Kultepe SI parte al mattino per Kultepe.

Il sito è posto a nemmeno mezzora da Kayseri ed è in una posizione favolosa. Domina la valle il monte Erciyes che si vede da ogni dove. Le rovine sono davvero imponente se si pensa che è un sito le sui date più alte rimandano al III millennio. Non si riesce a entrare dentro il recinto, se ne viene tenuti fuori. Ma l’idea non è male: in questo modo le foto sono sgombre da personaggi e ci si riesce comunque ad avvicinare abbastanza alle mura e agli scavi. Nel nostro caso – mattina presto e tutto in fiore – è stato una specie di favola con tanto di incontro di tre tartarughe tre… quasi fossimo in una favola.




11,30 inizio della visita del Museo inserito nel castello della città di Kayseri che una volta era tutt'uno con la città e il bazar. Non c’è nessuno e alcune sale / vetrine sono davvero belle. Non so se importanti. Nel complesso è uno dei musei meglio organizzati del viaggio, suppongo che Maurizio ci passerà diverso tempo.



12,30 i. Il suq di Kayseri è bello e buono. La merce non è per turisti.


Foto del Döner Kümbet che all’andata fotografai solo di notte.

16,00 rientro in camera per valigia e altro. Il diario è terminato. 

è tempo di tornare.




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