10. Viaggi in Egitto ed in Nubia, Giovanni Battista Belzoni

Il viaggio del Giovane Memnone - ovvero il busto di Ramses II a Londra


Il busto colossale, noto come Giovane Memnone, di Ramses II al British Museum di Londra.

Bulak li 28 giugno 1816. 

«Il sig. Belzoni viene invitato a provvedersi a Bulak di tutti gli oggetti necessarj per trasportare la testa del gio­vane Memnone e farla discendere lungo il Nilo. Egli si recherà a Siut quanto più presto glielo permetteranno le bisogna, onde rispedire da quivi le sue lettere dirette a tale effetto ad Ibrahim-Bascià, od a chiunque altro sarà quivi incaricato del governo; ed andrà di concerto col dot­tore Scotto per le posteriori determinazioni. Avrà cura di procurarsi un battello conveniente per imbarcarvi la te­sta, e pregherà il signor Scotto, perchè gli procuri un sol­dato, il quale l'accompagni, acciocché possa far lavorare i fellahs ogni qual volta avrà bisogno de' loro soccorsi; giacché altrimenti non è probabile ch'essi ubbidiscano agli ordini del sig. Belzoni; ed in ogni caso non dovrà lasciare Siut senza un interprete. 

Dopo essersi monito del necessario permesso per prende­re a giornata dei lavoratori il sig. Belzoni si recherà diret­tamente a Tebe, dove ritroverà la testa del giovane Mem­none salla costa occidentale del fiume, di fronte a Carnak, nella vicinanza d'un villaggio detto Gonruah e situato al mezzogiorno d'un tempio rovinato chiamato, dagli indigeni Kossar-el-Dekaki. Una parte delle spalle trovansi at­taccale ancora a quella testa, per cui il tutto assieme è d'u­na grande dimensione. I segni dai quali potrà riconoscere il monumento, sono, 1° egli è collocato in guisa che ha il viso rivolto verso il cielo; 2° il suo volto è intatto e d'una grande bellezza; 3° in una delle spalle venne fatto un buco; credesi per gli sforzi fatti dalli Francesi affine di staccarne la porzione del corpo; e egli è d'un granito mi­sto, nericcio, rossastro, ed ha le spalle ricoperte di girogli­fici. Non bisogna confondere questa testa con un'altra che trovasi nella stessa vicinanza, ma molto mutilata. 

II sig. Belzoni non risparmierà né spese né fatiche per fare trasportare il monumento, quanto più prontamente potrà, alla riva del fiume, dove resterà, se abbisogni, fino a che l'acqua sia giunta ad un'altezza bastevole perché si possa effettuarne l'imbarco: ma nello stesso tempo viene pregato il sig. Belzoni di non tentare una tale operazione, qualora credesse di poter correre pericolo forte di dan­neggiare la testa, di seppellirne la faccia nella sabbia, o di perderla lungo il Nilo. 

Parimenti, se arrivato sul luogo, s'accorgesse che i suoi mezzi fossero insufficienti, o che le difficoltà provenienti dalla natura del terreno o da altre cause divenissero in­sormontabili, abbandonerà del tutto l'impresa, e non an­derà oltre colle spese a tale rispetto. 

Il sig. Belzoni avrà la compiacenza di tenere un conto se­parato delle spese dell'impresa; le quali gli verranno paga­te con piacere assieme a tutte le altre sue proprie. La con­fidenza che si ha nel suo carattere, fa presumere che queste spese saranno tanto moderate quanto lo permetteran­no le circostanze. 

Belzoni, vestito in foggia araba, ritratto nel suo libro Narrative of the Operations and Recent Discoveries Within the Pyramids, Temples, Tombs and Excavations in Egypt..., Londra, John Murray, 1820.


II battello destinato a trasportare la testa, dovrà essere noleggiato per tutto il tempo necessario a condurla diret­tamente ad Alessandria; ma lungo il cammino il sig. Bel­zoni si fermerà a Bulak per avere le ulteriori istruzioni. Tosto che il sig. Belzoni sarà certo di ottenere il suo inten­to manderà subitamente un espresso per alla volta del Cairo con questa felice notizia». 

Firmato Enrico SÀL T. 

Io prego d'osservare che, malgrado l'aria di comando che scorgesi in queste istruzioni non v'ha alcun indica­mento di stipendio, lo che avrebbe avuto luogo s' io fossi stato impiegato nel modo che si è preteso. 

Il nostro battello fu pronto ben presto a partire da Bulak: i soli oggetti che ci siamo potuti procurare in questa città per l'operazione progettata consistevano in alcuni pali ed in corde di foglie di palme. Vedendo il mio zelo per que­sta impresa, il console m'onorò d'una nuova commissio­ne, cioè di comperare tutte le antichità che potessi procu­rarmi lungo il viaggio. V'acconsentii di buon grado, e ri­cevetti a tal uopo danaro unitamente a parte dell'occor­rente per le spese del trasporto del colosso; e quindi li 30 giugno partimmo da Bulak. Volle tenermi compagnia la moglie, e prendemmo nosco pure il servo irlandese, ed un interprete coptivo, il quale era stato adoperato dall'ar­mata francese. 

[...]

...li 22 vedemmo per la prima volta le rovine della Grande-Tebe, e sbarcammo a Luxor. E quivi da prima farò osservare che non si può formarsi che un'idea ben imperfetta della immensa estensione del­le rovine di Tebe, anche secondo le descrizioni dei viag­giatori più esatti e più abili. Egli è assolutamente impossi­bile d'immaginarsi un quadro tanto imponente, senza averlo avuto sotto gli occhi, ed i più grandi modelli della nostra architettura moderna non basterebbono a farci comprendere quelle forme, quelle proporzioni, que' massi colossali. 



Le monumentali colonne della sala ipostila del tempio di Karnak.

Nello avvicinarmi alle rovine mi sembrava d'entrare in un'antica città di giganti, i quali avevano lasciati que' tem­pli per dare alla posterità una prova della loro esistenza. Quelli lunghi propilei decorati da due obelischi e da sta­tue colossali, quella foresta di colonne enormi, quel gran numero di sale che circondano il santuario, que' begli or­namenti che ricuoprono da tutte le parti le mura e le colonne, descritti dal signor Hamilton; il tutto assieme for­ma un soggetto di stupore per l'europeo condotto nel mezzo di queste immense rovine, le quali al nord di Tebe dominano a guisa di vecchie torri un bosco di palme. 

Avanzi di templi, di colonne, di colossi, di sfingi, di fac­ciate, di rovine d'architettura e di scultura senza numero ricuopono il suolo a perdita di vista: la loro varietà infini­ta scoraggia il viaggiatore che ne vorrebbe descrivere l'in­sieme. Sulla riva occidentale pure del Nilo, queste anti­che maraviglie si estendono per uno spazio considerabi­le: da questa parte r templi di Gurnah, Mennonio, e Me­dinet-Abu attestano colta grandiosità della loro architet­tura, ch'hanno fatto parte della grande città, cui apparte­nevano eziandio le belle figure colossali che sono ancora in piedi nelle vaste pianure di Tebe, le molte tombe isca­vate nella roccia, e quelle della grande valle dei re adorne di pitture e di sculture, e racchiudenti sarchofagi e mum­mie. Una cupa rimembranza rattiene lo straniero in mezzo a questa città deserta, e gli fa dimandare a sè stesso: "Come avvenne mai che un popolo, il quale sembrava avesse fabbricato per l'eternità, sia ora scomparso dalla terra senza lasciare alla posterità il secreto della sua lin­g-ua, e della sua scrittura?"­

Dopo d'avere gettata una rapida occhiata sopra Luxor e Carnac, dove m'aveva tratto immediatamente la mia cu­riosità dopo lo sbarco, attraversai il Nilo per recarmi sulla riva sinistra, ed andai direttamente verso Mennonio. 

I resti del colosso gemello del Giovane Memnone, ancora in situ fra le rovine del Ramesseum.

Nel passare davanti alle due figure colossali che sorgono maestose nella pianura, restai pieno di ammirazione alla vista di que' monumenti giganteschi ma mutilati; e 'l primo oggetto sopra cui fermai quindi la mia attenzione si fu lo stesso Mennonio; il quale sorgendo al di sopra della pianura non viene mai tocco dal ridendamento annuale del Nilo; le acque di questo fiume non arrivano che ai co­lonnati, la cui situazione è molto più bassa di quella del tempio. Bisogna per altro che il letto del Nilo si sia molto elevato dopo che fu costrutto Mennonio, giacchè non è da credersi che gli Egiziani abbiano voluto esporre alle innondazioni i propilei che servivano d'entrata al tempio, e quindi renderli impraticabili nel tempo del trabocco. Altre prove ancora concorrono ad avvalorare una tale congettura, sulla quale ritornerò a parlare nel corso de' miei viaggi. La riunione delle colonne, e le sepolture ta­gliate nel sasso che s'innalzano di dietro all'edificio, ecci­tarono in me una nuova sorpresa per la singolarità della loro vista. Avvicinandomi alle rovine vidi il colosso rap­presentante o Memnone, o Sesostri, o Osimandia, o Fa­menof, o forse qualche altro re d'Egitto; giacchè le opinioni sopra questa statua variano talmente, che a forza d'avere ricevuti molti nomi non lo n'è rimasto alcuno. Si può solamente presumere che fosse una delle statue più venerate dagli Egiziani; poichè altrimenti non si sarebbe trasportato d'Assuan a Tebe un ceppa tale di granito più difficile a rimuoversi della colonna di Pompeo in Alessandria. 

Il mio primo desiderio ritrovandomi in messo a queste rotine si fu di esaminare il busto colossale che dovoa tra­sportare: lo trovai presso a varj rottami del corpo, ed alla base cui era unito in passato: il viso era volto verso il cielo, e s'avrebbe detto quasi ch'egli sorrideva meco all'idea d'essere trasportato in Inghilterra: la sua bellezza sorpassò la mia aspettazione più ancora della sua grandezza. Essa e la medesima statua che Norden vide coricata col viso vol­to verso terra, Io che fu causa d'essere conservata. Io non mi perderò in congetture per indovinare, chi abbia potu­to separare la testa dal tronco col mezzo della mina, e da chi sia stato il busto rivoltato. Il luogo ove giaceva la statua è presso all'entrata sinistra del tempio, e siccome havvi dappresso a questo monumento un'altra testa co­lossale, egli è probabile che vi sia stata una statua da cia­scuna parte della grande entrala nella stessa guisa che ve­desi a Luxor e a Carnac. 

Lo spostamento del colosso effettuato da Giovanni Battista Belzoni nel 1816.

I soli oggetti che meco avessi trasportati dal Cairo a Men­nonio pe' nostri lavori consistevano in quattordici leve, otto delle quali furono impiegate a formare una specie di barella per trasportare il busto, in quattro corde di foglie di palma, e in quattro carri senza altra macchina di sorte veruna. Essendo il nostro battello troppo lontano, perchè potessimo ritornarvi tutte le sere, scelsi un luogo sotto il portico di Mennonio, per potervi far trasportare tutto ciò che era nel battello. Si presero alcune pietre per costruire una capanna la quale ci tenne luogo d'una discreta abita­zione: mia moglie s'era di già accostumata a viaggiare ed era divenuta indifferente, siccome io, alle comodità della vita; ed io quindi mi recai ad esaminare la strada per la quale faceva d'uopo trasportare il colosso al Nilo. 







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