7.Bizantini in Europa da André Guillou, Bisanzio e la genesi dell'Europa occidentale

da André Guillou, Bisanzio e la genesi dell'Europa occidentale, ora in AAVV, Carlomagno e Maometto. Bisanzio, Islam e Occidente nell'Alto Medioevo, Milano 1999.


Influenze culturali e religiose

La storia delle influenze dell’Oriente bizantino sull’Occidente prima dell’anno 800 presenta … più di un aspetto contraddittorio. Uno dei più rilevanti è senza dubbio il fatto che sempre, anche nei periodi in cui i rapporti erano infrequenti, agli storici occidentali sono giunte notizie sull’Oriente persino quando gli scrittori orientali mostrano di voler ignorare l’Europa continentale.
È una rappresentazione disinteressata — né favorevole né avversa — degli avvenimenti che si svolgono a Costantinopoli, la capitale lontana, che assume un tono personale soltanto nei momenti in cui la situazione della città imperiale interessa direttamente la realtà occidentale. Questo apparente distacco dello scrittore occidentale per l’oggetto del suo racconto rende d’altro lato più sorprendenti i giudizi politici che formula sugli imperatori che si succedono, giudizi che spogliati dei racconti più o meno fantasiosi che talvolta li accompagnano, vanno confrontati con quelli forniti dagli scrittori orientali sugli stessi personaggi. In realtà, negli apprezzamenti formulati dagli storici occidentali vi sono spesso tracce di giudizi che gli avvenimenti politici hanno indotto gli storici orientali a cancellare, perché le loro storie restano pur sempre ufficiali, legate alla corte e all’amministrazione bizantina. Inoltre si noterà che il rapporto di reciproco interesse è pressa poco uguale per l’Oriente e l’Occidente, tenuto conto, naturalmente, dell’immensa diversità di cultura, di forza economica e di prestigio politico che lo Stato Bizantino conserva rispetto ai popoli “barbari” più o meno vicini alle sue frontiere. Nel IV secolo, la storia bizantina si fa portavoce dell’espansione in Occidente del territorio dominato dall’imperatore, nel VII e nell’VIII secolo ai noti scambi di lettere e di ambasciate con Roma e con le corti dei re franchi non corrisponde alcuna notizia presso gli storici bizantini, ed è soltanto all’epoca dell’iconoclastia che la cronaca di Teofane, nel IX secolo, comincia a discernere l’origine dell’opposizione tra i due imperi, d’Oriente e d’Occidente. È soltanto da allora, attraverso i contatti nell’Italia meridionale, che l’attenzione degli storici e dei diplomatici di Bisanzio torna a rivolgersi alle cose dell’Occidente. Una lunga separazione, si dirà? Ma altri prodotti della cultura, sia scritta (manoscritti) che non scritta (opere d’arte), testimoniano la relativa intensità dei contributi diretti che la cultura orientale fornisce alla cultura occidentale.
Vie e agenti di trasmissione
Le vie e gli agenti di trasmissione sono molto vari, anche se la principale via di comunicazione è stata il mare. I punti di partenza sono stati Costantinopoli, Tessalonica, Alessandria, Durazzo; quelli di arrivo Roma, Ravenna, Siracusa, Reggio Calabria, Taranto, Cartagine, Marsiglia, le coste dell’Inghilterra e, a partire dall’VIII secolo, Torcello, Venezia, Ancona, Bari, Taranto, Siracusa, Reggio Calabria, Amalfi, Terracina, Tunisi. Talvolta, i viaggiatori che vogliono raggiungere Costantinopoli sbarcano a Naupatto, attraversano la Grecia, la Macedonia e percorrono la via Egnatia, partendo da Tessalonica e passando per Kavala e Adrianopoli.

All’interno di ogni paese emigranti e monaci, ambasciatori e messaggeri seguono le principali strade romane.
L’immigrazione dalle regioni propriamente orientali (Siria, Palestina, Arabia, Egitto) o più propriamente greche, da Costantinopoli, dalle isole e dalla Grecia, comincia assai prima dell’epoca bizantina, durante il periodo del Basso Impero Romano; riprende sostanzialmente dopo il ristagno economico e il marasma del III secolo verso la fine del IV secolo e si sviluppa in maniera considerevole dal V al VII secolo. Le regioni dell’Occidente in cui si vanno formando a poco a poco delle vere e proprie colonie orientali, quelle che vengono chiamate “siriane” o “ebraiche”, sono la Sicilia (Siracusa e Catania), le Puglie e l’Italia meridionale in genere (Brindisi, Venosa, Taranto, Bari, Matera), il Lazio (Roma), l’Emilia (Ravenna e Bologna), l’Italia settentrionale (Milano e Brescia), Venezia e l’Istria (Padova, Concordia, Altino, Aquileia, Grado, Trieste, Parenzo, Pola), la Gallia (Marsiglia, Arles, Bordeaux, Nizza, Orléans), l’Inghilterra, la Spagna, la Germania. Le colonie siriane della Gallia pare siano costituite da grossi commercianti o, in ogni caso, da mercanti di articoli di lusso, di tessuti, di pezzi d’oreficeria, mentre le colonie ebraiche e siriane di Venezia e dell’Istria sono di artigiani, di proprietari terrieri, di soldati, di appartenenti alle professioni liberali, di bottegai; nell’Italia del Sud e in Sicilia vi si contano anche agricoltori dipendenti oltre a mercanti di schiavi, che trafficano con la Provenza fin dal VI secolo. Tra questi orientali troviamo ancora membri del clero, soprattutto nella regione veneziana, a Ravenna, a Roma, a Siracusa e a Catania, funzionari, militari, pellegrini, artigiani. Nel VI secolo, quando l’amministrazione bizantina si stabilisce in Italia e in Sicilia, come anche nell’Africa del Nord, in Sardegna e in Spagna, gli emigranti provengono soprattutto dalla Siria e dalla Palestina, ma anche dall’Asia Minore, dall’Arabia, dall’Egitto e persino dalla Tracia, dalle isole dell’Illiria. Per la maggior parte sono cristiani, hanno adottato la lingua latina, l’uso del calendario latino, la datazione latina negli atti ufficiali secondo gli anni del consolato e sono nel complesso ben assimilati. Ma sarà sufficiente che i gruppi greco-orientali installati a Ravenna, a Roma o a Siracusa crescano di numero, perché vengano introdotti gli usi, i costumi, i riti, le feste, le tradizioni culturali e una certa dose di mentalità bizantina, senza per questo dover pensare a una sua omogeneità, né alla partenza né all’arrivo.


In una storia degli scambi culturali fra Oriente e Occidente non possono essere dimenticati i viaggi e i soggiorni in Oriente di personalità più o meno illustri dei paesi occidentali. San Attanasio di Alessandria, il grande avversario dell’eresia ariana, verso la metà del IV secolo trascorse parecchi anni in esilio nelle Gallie, a Treviri e in Italia. Quando l’arianesimo trionfava in Gallia, Sant’Imerio, vescovo di Poitiers, viene esiliato in Asia Minore da dove fa ritorno quattro anni dopo, nel 360. Il movimento degli occidentali verso l’Oriente si fa più intenso a partire dall’epoca in cui i santuari furono eretti nei luoghi testimoni dei grande eventi su cui si basava la nuova fede, il Cristianesimo. La splendida chiesa che l’imperatore Costantino il Grande erige a Gerusalemme, sulle vestigia del Santo Sepolcro, diviene il luogo più stupendo del mondo. Essa attira le folle da tutti i punti dell’universo cristiano, come vi si accorreva per adorare le reliquie della Passione e, per giungervi, si attraversava una parte dell’Impero d’Oriente.
È noto l’itinerario redatto del 333 da un anonimo dell’Aquitania, che conduce il pellegrino da Bordeaux fino a Gerusalemme. Questo prezioso documento elenca tappe del lungo viaggio attraverso l’Europa fino a Costantinopoli e dal Bosforo alla Terra Santa attraverso l’Asia Minore e la Siria. Al ritorno il viaggiatore si porta a Brindisi, percorrendo la Macedonia e l’Epiro e da lì raggiunge Roma e le città dell’Italia del Nord. Il pellegrino aveva così potuto visitare due grandi città che attireranno anch’esse legioni di viaggiatori: Roma, la capitale del vecchio mondo, Costantinopoli, la capitale del nuovo impero, che era stata inaugurata nel 330 da Costantino il Grande. Il fervore e la curiosità di questi occidentali sono confermati anche dal lungo pellegrinaggio compiuto dalla badessa Eteria all’inizio del V secolo. Ella visitò il Sinai, l’Asia Minore, dove si recò a Efeso a pregare sulla tomba di San Giovanni, in Calcedonia, alla tomba di Santa Eufemia e da ultimo a Costantinopoli. Come il pellegrino di Bordeaux, la pia viaggiatrice era stata attirata nella nuova capitale dai santuari “che vi erano numerosi”.
Questi pellegrini riportavano nei loro paesi, oltre a un fascio di ricordi, opere d’arte e reliquie. San Gaudenzio, prima di salire sul trono episcopale di Brescia, era andato a Gerusalemme e a Cesarea di Cappadocia dove aveva acquistato le reliquie dei quaranta martiri di Sebaste. San Vittore, vescovo di Rouen, ottenne per la sua chiesa alcune reliquie di Santa Eufemia, martirizzata a Calcedonia. Il culto per questa martire, che fu molto popolare a Bisanzio, si diffuse assai rapidamente in Occidente. I resti dei santi, gli oggetti resi santi a contatto della loro tomba, erano considerati “più preziosi dell’oro e delle gemme”. E tra queste reliquie erano particolarmente apprezzate e onorate quelle che giungevano dall’Oriente, la patria dei Santi venerati in Occidente. Il culto dei santi orientali segue le strade percorse dai pellegrini.
Uno dei principali mezzi di trasmissione tra Oriente e Occidente fu il monachesimo. L’Oriente non era soltanto la patria dei grandi santi, ma anche quella dei grandi dottori della Chiesa, degli asceti, degli anacoreti, degli eroi della solitudine. Ed è per questo che la Palestina, culla del Cristianesimo, e gli sconfinati deserti dell’Egitto esercitavano sugli occidentali un vero e proprio fascino. San Gerolamo, il grande dottore della Chiesa latina, trascorre una parte della sua vita in plaghe lontane; si ritira una prima volta per cinque anni nel deserto e ritorna poi in Oriente per passare il resto dei suoi giorni nel monastero di Betlemme. È al ritorno da un viaggio in Oriente che San Onorato fonda, nei primi anni del V secolo, il monastero dell’isola di Lérins. All’inizio del V secolo, Giovanni Cassiano fonda a Marsiglia due monasteri, uno per le donne, l’altro per gli uomini, la celebre abbazia di San Vittore; ma prima di ritirarvisi aveva viaggiato a lungo in Oriente e aveva soggiornato nel monastero di Betlemme, fra gli anacoreti in Egitto, e a Costantinopoli, da San Giovanni Crisostomo. La fama di San Simeone lo Stilita si era diffusa dalla Siria a tutto l’Occidente, e di lui si ammirava l’eccezionalità della vita ascetica e lo zelo della pietà religiosa. È noto che per meglio separarsi dal mondo si era posto su una colonna alla cui sommità era sistemata una cella. Attorno alla sua colonna venne costruito un monastero, le cui imponenti rovine testimoniano la venerazione profonda dei siriani per il loro santo. Attorno a quel luogo si accalcava una folla di persone, molte delle quali venivano dall’Occidente; mercanti, che esercitavano la loro professione tra la Siria e la Gallia, giungevano ai piedi della colonna e si iniziava una conversazione: San Simeone chiedeva loro notizie di Santa Genoveffa, li incaricava di salutarla col massimo rispetto e si raccomandava, tramite loro, alle preghiere della santa franca.


Si conosce anche l’avventura di cui fu vittima un ricco mercante siriano di Bordeaux, di nome Eufrone. Il vescovo Bertramo lo fece tonsurare nella speranza di ereditare i suoi beni, tra i quali vi era una preziosa reliquia, uno dei pollici di un martire orientale molto venerato, San Sergio. Il vescovo aveva segnalato il fatto a Gondovaldo, pretendente al regno, che si trovava a Bordeaux, ma il siriano si rifiutò di cedere la sua reliquia, che pare possedesse grandi virtù. La sua casa venne allora assediata, il reliquiario venne aperto e l’alleato di Gondovaldo, Mummolo, s’impadronì di un frammento della preziosa reliquia.


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